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Il ritorno di Hekmatyar nel disastro afghano
  • Gulbuddin Hekmatyar
    Gulbuddin Hekmatyar
Il ritorno a Kabul Gulbuddin Hekmatyar - uno dei signori della guerra piu’ feroci e piu’ odiati dalla popolazione - avviene mentre l’ Afghanistan sta sprofondando sempre di piu’ nell’ abisso di guerra interetnica iniziato quasi 40 anni fa con l’ invasione da parte della Russia, allora sovietica.
Il disastro prosegui’ con la guerra civile tra i gruppi di mujaheddin che porto’ alla distruzione di Kabul - della quale Hekmatyar e’ ritenuto uno dei principali responsabili -, e che dette una spinta risolutiva all’ imbarbarimento del paese, lasciando come unica speranza di soppravvivenza per gran parte degli afghani una rigida e ottusa identificazione con la propria tribu’ di origine. Poi vennero i Taliban del mullah Omar - una figura rimasta misteriosa anche dopo essere scomparsa - e il suo alleato, lo “sheik” Osama bin-Laden, con le follie come il divieto di giocare con gli aquiloni, la distruzione dei Buddha di Bamiyan, le esecuzioni pubbliche diventate una forma- l’ unica - di intrattenimento esistente nel paese. Un periodo di delirio integralista significativamente concluso dalla mostruosita’ del 9/11.
Il ritorno di Hekmatyar, al quale, sembra, verra’ assegnato un “ruolo onorifico” nel governo, e’ forse la migliore dimostrazione possibile che il patronaggio americano - con la sua politica oscillante dal disimpegno totale di George W.Bush alla “surge” di Barack Obama, aggravata dalla continua rotazione dei responsabili politici e militari - non e’ riuscito ad avvicinare la necessaria riconciliazione nazionale. Del resto, Gulbuddin sara’ in buona compagnia: il signore della guerra Rashid Dostum, uno dei suoi avversari/alleati, anche lui responsabile della distruzione di Kabul e dell’ imbarbarimento del paese e autore di atrocita’ indicibili - pare che abbia fatto arrostire vivi nei container esposti al sole centinaia di Taliban fatti prigionieri - ricopre attualmente la carica di vicepresidente della Repubblica Islamica dell’ Afghanistan. Un altro ancora dei responsabili del disastro - il torvo Abdul Rasul Sayyaf, il cui principale “merito” e’ quello di aver dato il suo nome in franchaising a un gruppo di criminali filippini (l' organizzazione chiamata Abu Sayyaf, che ormai da anni ha rinunciato a qualsiasi pretesa politica e si dedica ai rapimenti a scopo di estorsione) - e’ oggi, cito Wikipedia, “un influente membro del Parlamento” di Kabul e nelle presidenziali del 2014 ha avuto piu’ del 7% dei voti. Alcuni dei protagonisti della lunga notte afghana - come Buranuddin Rabbani e Ahmad Shah Massoud - sono stati nel frattempo assassinati ma i loro eredi, come il capo dell’ esecutivo Abdullah Abdullah, sono installati ai vertici del potere grazie alla loro alleanza con gli USA.
Di tutta la compagnia, Hekmatyar e’ forse il peggiore. Negli anni della jihad contro gli invasori sovietici era tra i “sette” di Peshawar (la citta’ pakistana di confine dove risiedevano i rappresentanti politici della resistenza). Sempre lontano dal fronte ma vicino, vicinissimo, alle casse dell’ Inter-Service Intelligence, il servizio segreto dell’ esercito pakistano, che gestiva i miliardi che da tutto il mondo venivano inviati ai mujaheddin nella speranza, peraltro realizzata in pieno, che avrebbero messo in seria difficolta’ “l’ orso” russo-sovietico. Pur controllando poche centinaia di uomini, Gulbuddin era uno dei favoriti dell’ ISI, dei sauditi e degli sceicchi del Golfo - sia per la sua astuzia politica sia perche’, non avendo una sua base popolare, era facilmente manovrabile dagli handlers pakistani. Il suo peso e’ generalmente sopravvallutato, probabilmente perche’ la sua organizzazione si chiama Hezb-i-Islami Gulbuddin (HIG). In realta’ quella che combatteva veramente contro i sovietici era l’ altra Hezb-I-Islami, quella diretta dal capo tribale Yunus Khalis e della quale era un’ importante parte un altro leader tribale pasthu, Jalaludin Haqqani - i cui figli sono oggi alleati dei Taliban e dirigono quella che viene chiamata la Haqqani network. L’ altro gruppo combattente era quello di Ahmad Shah Massoud. Il suo rappresentante a Peshawar era Buranuddin Rabbani ma Massoud fu costretto a creare una sua organizzazione, chiamata Nazar-e-Shura a causa dei disaccordi con Rabbani sulla distribuzione dei fondi forniti dall’ ISI.
Dopo la sanguinosa guerra civile durata dal 1992 al 1996 - tra i cui protagonisti, e’ opportuno ripeterlo, ci furono Hekmatyar, Sayyaf, Dostum e la coppia Rabbani-Massoud - l’ ISI decise che era arrivato il momento di “cambiare spalla al fucile” ed emersero i Taliban, tenuti a battesimo da un gruppo di generali pakistani tra cui spiccano Nasirullah Babar, alleato dei Bhutto (prima Zulfikar Ali, poi Benazir) e l’ ex-capo dell’ ISI Hamid Gul. Gulbuddin si rifugio’ a Teheran, dove rimase fino al 2001. Non e’ chiaro che rapporti lui - un integralista sunnita di ferro - ebbe con i servizi iraniani, che sono sempre stati attivi in Afghanistan sostenendo le milizie degli hazara, un’ etnia che abita nella parte centrale del paese che e’ di confessione sciita come gli ayatollah iraniani e i gruppi che in seguito formarono l’ Alleanza del Nord - i tajiki di Rabbani e Massoud e gli uzbeki di Dostum -, cioe’ gli avversari dei gruppi pashtu, le varie Hezb e in seguito i Taliban, agenti del Pakistan sullo scacchiere afghano.
Fatto sta che nel 2001 torno’ in Pakistan dove e’ rimasto fino a pochi giorni fa muovendosi tra Peshawar, Jalabad e le aree tribali di confine: territorio dei pashtu, territorio dei Taliban e, soprattutto, territorio dell’ ISI. Probabilmente il rientro di Hekmatyar e’ frutto di una contrattazione tra il governo pakistano e il presidente afghano Ashraf Ghani, alla disperata ricerca di una formula che possa garantire la pace senza far cadere il paese in una nuova follia talebana. Non per niente, a distanza di pochi giorni dall’ arrivo di Gulbuddin si e’ recato in visita a Kabul l’ attuale capo dell’ ISI, il generale Naveed Mukhtar. E’ lui, Mukhtar, che potrebbe veramente forzare i Taliban al tavolo delle trattative. Non Gulbuddin, la cui influenza sugli stessi Taliban, e soprattutto sui capi tribali pashtu coi quali Ghani cerca un accordo, e’ pari a zero. Il ritorno a Kabul, dopo vent’ anni di assenza, di Hekmatyar potrebbe dunque rappresentare, nella migliore delle ipotesi, un passo piccolo, molto piccolo, verso una pace che appare sempre lontana.
Beniamino Natale
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