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Pakistan: ancora sui vascelli fantasma
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“Parliamo dei cosiddetti ‘vascelli fantasmi’, quindi di sbarco non controllato. Di questo vascello facevano parte una sessantina di persone. Mi ha incuriosito non poco il fatto che erano tutti su un vascello, tutti uomini e tutti provenienti dal Pakistan, mentre invece abbiamo imparato a conoscere che le navi di migranti spesso sono fatti da famiglie, donne e bambini; rimetto questo alla vostra valutazione” . Così, davanti alla Commissione Schengen, il presidente della Regione Calabria Iole Santelli commentava lo sbarco sulle coste calabresi di una barca a vela con a bordo circa sessanta individui di nazionalità pakistana. Il fatto ha suscitato scalpore ed è finito sulla stampa nazionale invece di essere relegato tra la cronaca locale soltanto perchè metà degli uomini a bordo sono risultati positivi al Covid19, e tutti erano affetti da scabbia. Le popolazioni dei paesini in cui gli uomini sono stati messi in isolamento hanno bloccato per protesta le strade e Iole Santelli ha minacciato di impedire gli sbarchi per tutelare la salute di una regione che ha avuto, anche durante l'emergenza, un bassissimo numero di contagi. Mentre però i riflettori erano puntati sull'emergenza sanitaria, a un più attento esame emergevano particolari altrettanto inquietanti. Non si tratta infatti di un episodio isolato. Secondo fonti locali, in giugno era arrivato in Calabria un altro vascello: con una sessantina di persone a bordo, tutti pakistani, tutti uomini. E ancora prima, sempre con una barca a vela, un carico di afghani che poi, a un più attento scrutinio, si rivelavano per metà pakistani. Le stesse fonti locali sostengono che tutti gli uomini a bordo delle barche a vela suddette provenissero dalla provincia del Punjab, la più ricca del Pakistan. E difatti, il 'passaggio' dal Pakistan all'Italia, via terra fino in Turchia e poi via mare, organizzato da pakistani e turchi, costa tra i sette e gli ottomila euro. Una montagna di soldi, in Pakistan. Difficile pensare, secondo gli inquirenti, che chi dispone di una somma simile si avventuri a entrare in Italia illegalmente per svolgere lavori saltuari e mal pagati. Gli scafisti, e non è un particolare secondario, provenivano tutti da varie ex-provincie dell'Unione Sovietica. Secondo fonti dell'intelligence italiana, che sta monitorando gli sbarchi, è ancora “troppo presto” per trarre conclusioni. E pero, ci sono alcune tessere da mettere insieme. Non è un segreto per nessuno, ormai, lo stretto e a volte strettissimo legame tra mafia e jihad. Margherita Paolini, esperta di geopolitica, ha più volte dichiarato che: “Gli estremisti islamici che mese dopo mese vengono arrestati in Italia mostrano con chiarezza sempre maggiore una interazione tra il terrorismo islamico e le organizzazioni mafiose presenti sul nostro territorio. Camorra, Cosa Nostra e 'Ndrangheta hanno ormai da moltissimi anni instaurato un legame di connivenza integrato con i terroristi, dove vi è uno scambio costante e continuo di armi, droga e documenti falsi”. E, secondo Gianluca Ansalone che insegna geopolitica alla SIOI di Napoli: “ L'Italia è un hub logistico strategico sia per i terroristi che vogliono transitare da e per il resto d'Europa che per le organizzazioni criminali che sfruttano questi soggetti per implementare il traffico di droga, armi, sigarette e prostituzione. Non è un caso che le rotte più vantaggiose per la mafia corrispondano a quelle dei terroristi. La prima rotta è indubbiamente quella dei Balcani, che consente ai terroristi di trafficare in droga e armi attraverso la Turchia e la Grecia”. E mentre tutta l'Europa, lo scorso aprile, era alle prese con i lockdown da Covid, il ministro della Sicurezza bosniaco Fahrudin Radoncic entrava in polemica con il locale ambasciatore pakistano, fino a sfiorare l'incidente diplomatico, a causa della mancata identificazione di tremila pakistani arrivati illegalmente in Bosnia. Secondo Radoncic: “L'ambasciatore ha rifiutato di rivelare la loro identità basandosi su fotografie e dati (raccolti dagli investigatori). E dirò di più: sulla base delle impronte digitali, abbiamo scoperto tra quei migranti due terroristi. Le loro impronte erano state trovate su delle armi, in un caso di traffico d'armi, in un paese straniero”. Lo scorso anno, tanto per citare un caso clamoroso, la polizia di Brescia effettuava un'operazione che ha coperto diverse città del nord Italia e ha rivelato un'ammontare di transazioni illegali, a opera di cittadini pakistani e afghani (veri o presunti, perchè spesso si tratta in realtà di pakistani) dell'ammontare di circa otto milioni di euro. A finire nel mirino degli inquirenti, per l'ennesima volta, anche la famigerata Medina Trading Agency di Brescia, che appartiene a due pakistani e da cui sono partiti soldi serviti a finanziare in parte sia l'attacco di Mumbai del 2008 che, qualche anno dopo, l'attaco di Uri nel Kashmir indiano. Per qualche incredibile stortura burocratica, i due fratelli che gestiscono il call center, i fratelli Janjua, sono ancora in libertà e l'agenzia non è mai stata chiusa. A Roma, la situazione non è certamente più rosea. La zona dell'Esquilino è difatti tutto un fiorire di agenzie che trasferiscono denaro illegalmente, occultate dietro piccole attività commerciali gestite da pakistani. E le agenzie di intelligence trovano particolarmente curioso il fatto che, a Roma in particolare, i cittadini pakistani che arrivano senza un soldo con il cosiddetto 'asilo umanitario' e senza un solido background economico, diventano imprenditori nello spazio di un mattino. Ancora più curioso il fatto che la comunità non gestisca in proprio alcuna organizzazione, centro islamico o moschea ma mantenga sempre un profilo bassissimo adoperando le strutture gestite da bangladeshi. Lo stesso avviene in Calabria. Diverso il discorso nel nord, dove nell'indagine di cui sopra è finita nel mirino degli investigatori anche la moschea della Tabligh Eddawa, il braccio missionario di un'organizzazione pakistana chiamata Tablighi Jamaat. Non soltanto per la moschea di Brescia sono passati notori terroristi, tra cui quel Hafiz Muhhamad Zulfikal conseiderato l'ideologo del massacro in una scuola di Peshawar nel 2009. Secondo gli inquirenti, la Tablighi Eddawa e i suoi esponenti, così come una manciata di altre organizzazioni islamiche, sarebbero responsabili di inviare denaro a organizzazioni terroristiche in Pakistan e in Afghanistan e di reclutare manodopera per la jihad. Fatto confermato lo scorso febbraio dall'intelligence russa, che ha messo al bando l'organizzazione. E secondo qualcuno il caso di quelli definiti da Iole Santelli “vascelli fantasma” potrebbe essere la punta di un altro iceberg, pericoloso quanto e più del Covid.
Francesca Marino
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