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Uno di loro
  • Narendra Damodardas Modi
    Narendra Damodardas Modi
Narendra Modi si riconferma alla guida dell'India, e questa volta non con 'l'onda zafferano' del 2014 ma con un vero e proprio tsunami che scardina ogni previsione e ogni aspettativa formulata fino al giorno prima sia da destra che da sinistra. Prima di lui c'era riuscita soltanto Indira Gandhi nel 1971, a essere rieletta per il secondo mandato con una maggioranza assoluta. E mentre nella più grande democrazia del mondo impazzano, assieme ai festeggiamenti dei vincitori, polemiche, veleni e tardive accuse di presunti brogli elettorali, analisti e commentatori cercano di spiegare e commentare un risultato che trascende anche le più rosee previsioni dello stesso partito del Bjp. Ed è bene, forse, cominciare da qui: dal partito, e dalla coalizione guidata dal partito, il Bjp, che sosteneva Narendra Modi come candidato. Perchè, e forse per la prima volta, il partito e la coalizione, nella campagna elettorale, sono contati poco o nulla. Non si è votato difatti per un partito o per l'altro, per una ideologia o per l'altra, ma per o contro Narendra Modi. E questa è la prima e la più grossa stortura di una campagna elettorale, di quella che è stata definita 'la madre di tutte le elezioni', che lascerà comunque nel tessuto sociale indiano cicatrici che faranno fatica a risanarsi. I risultati parlano chiaro, e lasciano a bocca aperta chiunque: a Calcutta e dintorni la sinistra, che ha governato lo stato per buona parte della storia moderna dell'India, ha avuto zero voti. Rahul Gandhi viene sbalzato fuori da Amethi, una delle roccaforti storiche della famiglia. La tradizionale lettura del voto data seguendo linee di casta, religione e censo non esiste più: per essere chiari, dopo una campagna in cui l'opposizione accusava Modi di essere fascista, di dare spazio all'integralismo hindu e di essere anti-musulmano, se i numeri fanno fede vuol dire che anche i musulmani hanno votato per Modi. Così come i cosiddetti 'intoccabili' e altre minoranze o caste 'inferiori' considerate feudi del partito del Congress. Prima che il voto cominciasse, Modi veniva dato per vincente di strettissima misura e costretto, in caso di vittoria, a formare un governo di coalizione. Ma, come commentava l'analisti Abhijit Iyer-Mithra, Rahul Gandhi e i suoi si sono dimostrati l'arma più potente a favore del premier uscente. La campagna elettorale è stata difatti condotta senza esclusione di colpi e soprattutto di colpi bassi, e centrata attorno a Narendra Modi: allo slogan lanciato da NaMo, “Main Bhi Chowkidar” (Io sono il guardiano), Rahul ha risposto accusando 'il guardiano' di essere un ladro: “Chowkidar Chor Hai” per via di un presunto scandalo legato all'acquisto di jet Rafale dalla Francia. Lo scandalo si è rivelato inventato, e Rahul è stato costretto a scusarsi in tribunale per aver chiamato 'ladro' il primo ministro. Non solo. La popolarità di Modi è aumentata, dicono, dopo la risposta all'attentato a opera della pakistana Jaish-i-Mohammed che il 14 febbraio ha ucciso quaranta soldati. L'India ha bombardato il campo di addestramento di Balakot, rispondendo per la prima volta in modo deciso e immediato a un'attentato compiuto in territorio indiano da terroristi pakistani. Mentre tutta la nazione festeggiava, Rahul e i suoi sposavano le tesi di Islamabad accusando, in pratica, l'esercito indiano di mentire a proposito di Balakot: pur di non dare credito a Modi e al suo governo per l'operazione, hanno continuato a sostenere che l'aviazione avesse mancato il bersaglio. Ciliegina sulla torta, hanno in pratica messo il bavaglio a Priyanka Gandhi, la sorella di Rahul, e l'unica che aveva forse buone possibilità per fare ottenere al Congress un risultato meno disastroso. Voci di corridoio, a Delhi, dicono che il buon Rahul si sentisse minacciato dalla popolarità della sorella. Anche le analisi di tipo macroeconomico sui fallimenti di Modi non hanno ottenuto i risultati sperati: perchè è vero che all'India mancano posti di lavoro, che la crescita è rallentata e che c'è stata e c'è ancora una crisi in corso che tocca agricoltori e piccoli commercianti. Ma è vero anche come commenta la giornalista economica Monica Halam, che per la prima volta la gente ha ottenuto nei cinque anni passati, risultati concreti: elettricità, gas per cucinare, servizi igienici, facilità nell'aprire un conto corrente bancario, una forma di assicurazione sanitaria. I membri della pubblica amministrazione, a cominciare dalle Ambasciate, sono stati costretti a fornire servizi e risposte ai cittadini in tempo quasi reale. E questo, per la vita delle persone comuni, conta molto di più del vero o presunto scandalo Rafale. Il fatto è che Rahul Gandhi e i suoi scontano una concezione datata della politica e dell'India. La nuova generazione, quel milione e più di diciottenni che è andato a votare per la prima volta, non si riconosce più nella narrativa ritrita di quella che qualcuno ha definito la politica di 'Madre e Padre' con la maiuscola: la Signora che abbraccia il povero o la povera intoccabile e la soccorre. Quell'India, non esiste più se non nei salotti buoni dei liberal di Delhi. I figli di quell'India sono cresciuti su Internet, sono fieri del ritrovato orgoglio nazionale e vogliono far parte del resto del mondo. I figli di quell'India si riconoscono nella favola del figlio del chaiwallah che diventa premier, uno che non ha studiato a Cambridge e che parla inglese poco e male ma che siede a tavola da pari a pari con i grandi della Terra. Uno di loro.
Francesca Marino
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