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Le bugie di Pechino sul virus
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Quando è troppo è troppo. Non solo l'Italia come nazione e gli italiani come individui sono colpiti dal coronavirus, ma devono anche affrontare la francamente disgustosa, data la situazione, propaganda cinese. È cominciato tutto con il nostro ineffabile ministro degli Esteri Luigi Di Maio, soprannome Giggino, che condivideva sul suo account Facebook post entusiasti di medici cinesi e forniture mediche cinesi che arrivavano in Italia. Forse, dal momento che non conosce l'inglese e che anche il suo italiano lascia alquanto a desiderare, non ha capito bene la situazione. Subito dopo è cominciata una campagna ben concertata, sempre tramite Facebook, con "italiani" (leggi: troll cinesi in incognito) che condividevano post elogiativi per la Cina e per gli aiuti cinesi all'Italia. La strategia è diventata più chiara pochi giorni dopo. Quando Liljian Zhao, inviato per anni in Pakistan presso l'ambasciata cinese e incaricato della aggressiva propaganda in favore del CPEC, ha cominciato a pubblicare su Twitter post a tema italiano. Su tutti una clip che recitava testualmente: “A Roma, con l'inno cinese in sottofondo, alcuni italiani hanno cantato "Grazie, Cina!" sui loro balconi, e i loro vicini hanno applaudito. Contro il # COVID19, l'umanità vive in comunità e con un futuro condiviso! L'Italia è una nazione eroica. In questo momento difficile, #StandWithItaly Cina! ”. L'audio della clip è chiaramente falso, e nemmeno tanto buono. A parte questo, trovatemi un italiano che conosce l'inno cinese. La truffa è stata scoperta ed esposta su Twitter, ma la campagna è continuata comunque. E visto che il tema della "gratitudine" non ha fatto presa più di tanto, è iniziato un altro tipo di campagna. Pochi giorni dopo, infatti, il Global Times, il noto portavoce del governo di Pechino, pubblicava su Twitter: “#Italia potrebbe aver avuto un inspiegabile ceppo di polmonite già a novembre e dicembre 2019 con sintomi altamente sospetti di # COVID19, dicono alcuni rapporti". Rapporti? Quali? E scritti da chi? Dagli stessi "esperti", compresi molti italiani, pagati da Pechino? E se fosse vero, stiamo parlando di quei casi diffusi dalle migliaia di turisti cinesi che affollano l'Italia in ogni momento dell'anno, visto che Pechino in quei mesi occultava il virus che aveva già colpito Wuhan? Sono poi comparsi una serie di articoli sui media internazionali in cui si affermava più o meno che "gli italiani sono grati ai cinesi, la Cina non è più percepita in Italia come il paese che ha dato origine al virus". Come ho già detto, quando è troppo è troppo. E gli italiani, con tutti i loro difetti, non sono gli imbecilli sorridenti che i corrispondenti internazionali amano descrivere. La verità è che siamo arrabbiati. E siamo arrabbiati perché siamo perfettamente consapevoli che questo È un virus cinese, diffuso a causa del silenzio colpevole e della strategia criminale di della Cina. Siamo arrabbiati per i dottori e per i giornalisti cinesi che sono finiti in prigione quando hanno cercato di avvisare il resto del mondo, siamo arrabbiati perché le persone muoiono come mosche, perché i nostri ospedali sono pieni e medici e infermiere non ce la fanno più ad affrontare l'emergenza. Siamo arrabbiati perché siamo bloccati a casa e, mentre proviamo a resistere, dobbiamo anche sopportare Liljian Zhao e i suoi simili che ci insultano con l'inno cinese e le loro basse insinuazioni. Siamo arrabbiati perché alcuni colleghi mi hanno raccontato che Milano sembra Gwadar, con le bandiere cinesi che sventolano dagli ospedali insieme a quelle italiane. E la cosa peggiore è che molti fingono di non vedere e di non capire. Molti fingono di non vedere che tutto questo viene da molto lontano e che fa parte di una strategia ben precisa alla base di qualsiasi mossa di Pechino. La stessa strategia, per essere chiari, che sta dietro al CPEC e alla BRI. Crea il bisogno, quindi guadagna con il soddisfacimento del bisogno e rendi i paesi e le persone dipendenti da te. La maggior parte dei paesi colpiti dal COVID19 sono dipendenti dalle forniture cinesi, e Pechino sta cercando di comprare il silenzio del mondo con denaro, regali e, quando non ci riesce, incolpando altri paesi per la diffusione del virus. La strategia include la corruzione di politici, diplomatici, studiosi, giornalisti e l'assunzione di troll per diffondere notizie false o "probabili". Notizie false, ma che sembrano vere o che potrebbero esserlo. La verità è che dovremmo considerare la Cina responsabile del suo silenzio criminale sul coronavirus. Giorni fa è stata intentata una causa penale a Miami contro il governo cinese "per danni subiti a causa della pandemia di coronavirus", e giustamente. Dovremmo farlo tutti, non dovremmo permettere alla Cina di beneficiare del virus di Wuhan. Josep Borrell Fontelless, alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha twittato giorni fa: "I virus non hanno nazionalità". Sbagliato, signor Borrell. Questo virus ha una nazionalità accertata e viaggia con un passaporto rosso, lo sappiamo tutti. Italiani inclusi. Questo virus è cinese ed è stato liberato nel resto del mondo dalle pecche endemiche del regime di Pechino: mancanza di trasparenza, mancanza di democrazia, strategie economiche aggressive, progetti imperialistici. Dovremmo considerare la Cina responsabile e chiedere a Pechino i danni, danni morali e materiali. Dovremmo chiedere i danni di guerra: perché cos'altro è questa, se non una guerra?
Francesca Marino
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