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Pakistan e Arabia Saudita: guai in paradiso
  • shah mahmood qureshi
    shah mahmood qureshi
“Il Pakistan non può più aspettare...Rispettosamente rammento ancora una volta all'Oic (Organization of the Islamic Cooperation) che noi ci aspettiamo un meeting dei ministri degli Esteri appartenenti ai paesi membri dell'organizzazione. Se non potete farlo, sarò costretto a chiedere al primo ministro Imran Khan di indire un meeting dei paesi islamici pronti a stare al nostro fianco per quanto riguarda la questione del Kashmir”. A parlare così, durante ul talk-show televisivo, era il ministro degli esteri pakistano Shah Mahmud Qureshi che, con una esternazione senza precedenti, mandava in frantumi un decennale protocollo di rapporti tra il Pakistan e il 'grande fratello' saudita e dava l'avvio a una serie di speculazioni sull'assetto o ri-assetto geopolitico della regione. I sauditi, a dire la verità, non hanno preso bene l'appello di Qureshi che è stato visto come un vero e proprio 'sgarro' da parte degli storici 'fratelli minori' e, come rappresaglia immediata, si sono affrettati a richiedere la subitanea restituzione di un prestito da un miliardo di dollari rinegoziato appena sei mesi fa. Islamabad, messa alle strette, ha chiesto la somma in prestito ai cinesi e ha ripagato il debito. Che però, tanto per mettere in chiaro le cose, è soltanto una goccia nel mare dei sei e più miliardi di dollari di debito che Islamabad ha con l'Arabia Saudita. Nel corso degli anni, l'alleanza tra sauditi e Islamabad è stata difatti un postulato più o meno indiscutibile. Tra i due paesi esiste da sempre una intricata rete di relazioni finanziarie e militari. Per Riyadh il controllo più o meno remoto sul Pakistan è di fondamentale importanza strategica, visto che confina per circa novecento chilometri con l'Iran. E che Islamabad è l'unico stato musulmano a possedere la bomba atomica e l'esercito musulmano più grande e meglio attrezzato (soprattutto grazie all'Occidente) del mondo. Il Pakistan ha sempre garantito aiuto a Riyadh e ha addestrato le truppe saudite. Riyadh, in cambio, ha ovviamente aperto i cordoni della borsa finanziando abbondantemente Islamabad e garantendo forniture di petrolio a prezzi stracciati. Ha finanziato anche il programma nucleare pakistano: direttamente, ma anche volando in soccorso di Islamabad all'epoca delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti all'indomani dei test nucleari. E ospita, perdipiù, migliaia di lavoratori pakistani. Cos', forti degli storici legami, qualche giorno dopo la gaffe di Qureshi volavano a Riyadh il capo dell'esercito, il generale Qamar Javed Bajwa, e il comandante dell'ISI, il luogotenente generale Faeez Hameed: ufficialmente per discutere di cooperazione militare con le loro controparti saudite, in realtà per cercare di ricomporre la frattura creata dal loro ministro degli Esteri. Mohammad bin Salman, però, il 'fratello saudita' a cui Imran Khan aveva fatto da autista personale durante il suo ultimo, trionfale, viaggio a Islamabad, si è detto troppo impegnato per riceverli. Non solo: MbS ha anche invitato il Pakistan, a mezzo stampa, a “ridimensionare” i suoi rapporti con la Cina e a “lasciar perdere i cinesi” smettendo di sostenerli nelle scaramucce, militari e non, ai confini con l'India. Pare anche che i sauditi abbiano intimato a Islamabad di non sostenere la Cina riguardo a progetti di investimento per circa 400 miliardi di dollari in Iran. Il ministero degli Esteri pakistano ha prontamente smentito, ma nessuno gli ha creduto. A quanto pare, non soltanto le scuse di Bajwa e Hameed non sono state accettate, ma la rinnovata proposta di un concilio dei paesi arabi sul Kashmir è caduta ancora una volta nel vuoto. Risultato: non soltanto Qureshi, come molti pensavano, non ha perso il posto. Ma, al ritorno in patria dei generali scornati, è prontamente volato a Beijing per incontrare il suo omologo cinese Wang Yi. La Cina è difatti ormai l'unico paese, assieme alla Turchia islamizzata e dittatoriale di Erdogan, che si dichiara pronto a difendere a spada tratta l'amicizia “profonda come il mare e alta come l'Himalaya” con i generali pakistani. Perchè il mondo cambia, l'economia è una priorità assoluta e le alleanza si basano su questa e non su vetuste questioni di principio. Per cui non soltanto i sauditi sembrano privilegiare i legami economici stretti con l'India e l'alleanza con gli Usa nell'osteggiare l'Iran, ma anche gli Emirati Arabi, con cui Islamabad ha cercato di far fronte comune contro i sauditi, hanno 'tradito' la causa firmando un accordo che normalizza le relazioni con Israele. Se si ignora la causa palestinese, ha dichiarato Imran Khan, “saremo presto costretti ad abbandonare ogni rivendicazione sul Kashmir”. E questo, per Islamabad, è inaccettabile. Ed è inaccettabile anche per Beijing, che di un pezzo di Kashmir si è appropriata e che cerca di occupare pezzi di territorio indiano per facilitare la Belt and Road Initiative. Ma a questo punto il Pakistan, dicono in molti, rischia di fare la fine del vaso di coccio tra superpotenze, e di finire in frantumi prima, molto prima che la bandiera del dragone sventoli anche su Islamabad e non soltanto su Gwadar.
Francesca Marino
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