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Pakistan: le spose vendute alla Cina
  • Un uomo cinese prende in sposa una ragazza pakistana
    Un uomo cinese prende in sposa una ragazza pakistana
Circa tremila dollari di anticipo e 250-300 dollari al mese fino a raggiungere una somma che varia tra i 12.000 e i 25.000 dollari americani. Che, tradotto in rupie pakistane, fa una somma di tutto riguardo. Se sei di nazionalità cinese è questo il prezzo di mercato, a Islamabad e dintorni, di una 'sposa' da riportare in patria per mettere su famiglia e sopperire alla endemica mancanza di esponenti del sesso femminile in Cina dovuta alla vecchia politica del figlio unico. Le virgolette sono d'obbligo, perchè di vera sposa quasi mai si tratta. Dopo la Cambogia, difatti, il Laos, il Vietnam, la Corea del Nord e il Myanmar il Pakistan sembra difatti diventato il nuovo centro del traffico di ragazze tra i paesi asiatici più poveri e la Cina: ragazze che vengono poi avviate alla prostituzione, adoperate come vere e proprie schiave o, nel peggiore dei casi, destinate al traffico d'organi. Così sostiene Human Rights Watch, che ha lanciato l'allarme il mese scorso . Il direttore del China Bureau, Sophie Richardson, ha dichiarato: “Sia il Pakistan che la Cina dovrebbero prendere seriamente le prove sempre più evidenti del fatto che un gran numero di donne e ragaze pakistane è a rischio di schiavitù sessuale”. Ma le cose, quando si tratta di Cina e Pakistan non sono mai semplici né lineari. La Cina si è ovviamente affrettata a negare che esista un traffico di donne tra Pakistan e Beijing e che le spose pakistane portate in Cina siano avviate alla prostituzione o adoperate per il traffico d'organi. Per Beijing si tratta di calunnie e menzogne a opera della solita stampa internazionale che si ostina a inventare la repressione nel Tibet, i campi di concentramento per musulmani nello Xinjang e, adesso, a cercare di inquinare l'amicizia 'profonda come l'oceano e dolce come il miele' che corre tra le due nazioni. Che corre soprattutto lungo le strade del CPEC, il China-Pakistan Economic Corridor con cui Beijing ha letteralmente invaso e acquistato metà del Pakistan. Perfino secondo l'intelligence pakistana, la FIA, il traffico però esiste. Le storie di ragazze povere, in genere appartenenti alla minoranza cristiana ma anche, sempre più spesso, musulmane, diventano sempre più numerose. E sembra che in Pakistan operaino ormai delle vere e proprie organizzazioni criminali sino-pakistane dedicate al traffico di ragazze: “Quelle non abbastanza carine per diventare prostitute” sostiene un anonimo ufficiale della FIA “vengono vendute per gli organi”. Come una volta le macchine da rottamare venivano adoperate per i pezzi di ricambio. Lo schema è sempre più o meno uguale: ci sono i mediatori in loco, pakistani, che si incaricano di individuare la famiglia giusta. Povera, con molte figlie da sposare e con figli da fare studiare o disoccupati. Il mediatore arriva con la proposta di matrimonio, offrendo le cifre di cui si parlava sopra come dote. Magnificando lo status sociale dello sposo in patria e la sua ricchezza, provvedendo perfino finte testimonianze di ragazze che si sono già sposate e sono felici in Cina. Lo sposo dichiara ovviamente di essere della stessa religione della sua promessa e di mantenere usanze e costumi connessi alla pratica religiosa specifica. Si offre di pagare tutte le spese del matrimonio, che viene in genere celebrato in grande, di affrontare le spese per visto e passaporto e per il viaggio. Quando la ragazza arriva in Cina le viene confiscato il passaporto, e finisce a fare la serva o la prostituta o scompare. Si parla di qualche centinaio di casi negli ultimi mesi, e l'allarme è stato lanciato da un paio di ragazze più fortunate o più sveglie delle altre che sono riuscite a scappare e a tornare in patria. L'incremento della presenza cinese in Pakistan dovuto al CPEC, il crescente numero di attività commerciali ed esercizi dedicati ai cinesi che continuano a fiorire nel paese per offrire servizi ai lavoratori cinesi impegnati nei progetti del corridoio economico, hanno fatto si che controlli e procedure burocratiche per gli scambi tra i due paesi siano stati semplificati di molto. Con la politica dei visti all'arrivo diventa sempre più facile far viaggiare persone da un paese all'altro senza che siano stati effettuati controlli di alcun genere. Quasi tutti i matrimoni, difatti, pare non siano legalmente validi, anzitutto. Ed è semplice, troppo semplice per gli acquirenti cinesi, far scomparire nel nulla le loro 'spose'. Vale appena la pena notare che la FIA e la polizia pakistana, pur denunciando l'accaduto, all'atto pratico non hanno prodotto alcuna prova e hanno effettuato pochissimi arresti. Si sono limitati ad allinearsi alle dichiarazioni di intenti dell'Ambasciata cinese, che ha assicurato si impegnerà nell'investigare e perseguire “quei pochissimi criminali che forse esistono e che cercano di rovinare le fraterne relazioni tra i due paesi”. Intanto, le ragazze continuano a essere vendute e a sparire, nel migliore dei casi a ritrovarsi in situazioni di povertà ancora peggiore di quella da cui cercavano di fuggire. Vittime, come molti altri, di quel fantasma liberticida e assassino che la Cina ha chiamato CPEC e che cerca di far passare per un progetto di libertà e sviluppo.
Francesca Marino
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