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“Finchè vivrò, bambine e ragazze non varcheranno la soglia di quei centri di corruzione che sono le scuole”. Parola del premier Taliban Hasan Akhund, che ha chiarito così una volta per tutte la posizione del suo governo sull'istruzione a bambine e ragazze. Che non vanno a scuola ormai da più di quattrocento giorni, e il cui spazio vitale si restringe ogni giorno di più. Ammesso che le scuole riaprissero, difatti, sarebbero in molte a non poterle di fatto frequentare: a donne e ragazze è stato imposto ormai da mesi di non allontanarsi da casa per più di un certo numero di metri senza un accompagnatore di sesso maschile. Ne consegue che chi non ha padri, fratelli, mariti o zii disponibili ad accompagnarla a scuola o altrove, è di fatto confinata dentro casa. D'altra parte, non saprebbe dove andare. Pochi giorni fa sono stati vietati a donne e bambine anche i parchi pubblici e i parchi di divertimenti della capitale. A quanto pare, secondo i Taliban, non era sufficiente, come era stato ordinato pochi mesi fa, istituire giorni per sole donne dentro a giardini e ruote panoramiche: le donne devono stare a casa. Sono libere al massimo, come succede sempre più spesso, di sedere per ore davanti ai negozietti che vendono pane sperando che qualcuno paghi per un paio di naan (il pane afghano) con cui sfamare i bambini. Se sei vedova e sola, infatti, non puoi lavorare e nemmeno dar da mangiare ai tuoi figli. Se protesti, finisci in galera o peggio. Finisci sposata per forza a un qualunque guerrigliero Taliban, perchè le donne, come ordina il dio dei governanti dell'Afghanistan, devono avere un uomo che le 'protegga': riempiendole di botte e stuprandole, se necessario, ma tant'è. Nelle ultime due settimane, sono state arrestate quattro giornaliste e sei attiviste, di cui non si hanno notizie. E la situazione è destinata a peggiorare. Non si tratta difatti soltanto di donne e ragazze, ma di una intera popolazione ostaggio di un gruppo di criminali al potere. Negli ultimi giorni a essere colpite non sono soltanto le donne, ma chiunque. L'invisibile leader supremo del gruppo di terroristi che governa Kabul, Haibatullah Akhundzada, ha difatti ordinato ai giudici afghani di implementare la Sharia, le legge islamica, in tutto il suo splendore e nel senso più restrittivo possibile. Il che significa: mani mozzate ai ladri, flagellazione o lapidazione per le adultere e altre piacevolezze del genere. La legge è difatti ispirata al civilissimo e modernissimo principio dell'occhio per occhio. Non solo. Nelle sue più illuminate versione dell'Hudud e della Qisa, si richiedono delle “prove schiaccianti”: la testimonianza, cioè, di quattro testimoni maschi e musulmani. La testimonianza di una donna non vale un accidente, e quando vale, vale metà di quella di un uomo. Nei casi di denuncia per stupro, se qualcuna fosse talmente incauta da denunciare, nel caso in cui i quattro maschi musulmani che erano presenti (di solito gli stupratori) non testimonino a favore della vittima, la signora viene mandata in galera o lapidata per adulterio. Succede anche in Pakistan, per inciso. Non ci vorrà molto (succede già in aree rurali) prima di rivedere donne massacrate a colpi di pietre e omosessuali schiacciati dai camion nello stadio di Kabul. Del resto, i Taliban non hanno mai fatto mistero delle loro intenzioni. Ciò che fa meraviglia non è la catastrofe annunciata che si sta svolgendo in Afghanistan, ma l'ipocrisia e la malafede dell'occidente. Non molto tempo fa, durante una conferenza di alto livello, un mebro di alto profilo della Nato sosteneva che: “Abbiamo portato via coloro che lavoravano con noi e stiamo facendo un buon lavoro nel costringere i taliban a a mantenere gli accordi presi”. Quali accordi? Il massacro della popolazione? La cancellazione di ogni parvenza di diritti umani e civili? Il franchising di campi di addestramento per terroristi dati in gestione ai gruppi jihadi pakistani? Le alte cariche pubbliche attribuite a membri di Al Qaida? Su Kabul è scesa una coltre di colpevole silenzio rotto soltanto dalla chiamata a riaprire le scuole. Ma qui non si tratta soltanto di donne e bambine, ma di un intero paese in balia di terroristi su cui pende una taglia di molti paesi e della stessa Onu. E mentre si parla di scuole e bambine, sotto la coltre di cui sopra, in silenzio, gli americani facilitano la transazione tra la Banca Centrale afghana e un'azienda polacca e una francese per stampare e consegnare nuove banconote al governo dei Taliban. Non solo. Tre milioni e mezzo di dollari, parte dei fondi congelati al governo terrorista di Kabul, sono stati trasferiti in Svizzera in un fondo di cui fa parte Shah Mehrabi, membro del consiglio di amministrazione della banca centrale afghana. Che giura e spergiura che le nuove banconote non verranno adoperate per finanziare attività illecite o per finanziare il governo, ma che andranno soltanto a sostituire le vecchie. E i Taliban, si sa, “sono uomini d'onore”, tanto per citare Shakespeare. Gli americani non commentano, la Nato fa finta di credere che tutto vada per il meglio e che l'unico problema siano le scuole per le bambine. Fino al prossimo attacco terroristico, progettato in Pakistan, benedetto dalla Cina ed eseguito in Afghanistan. La storia, si sa, ha la fastidiosa tendenza a ripetersi e non ha la memoria corta dei governi occidentali. Abbiamo già visto questo film, e sappiamo già come va a finire.
Francesca Marino
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