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Brescia, Pakistan
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Poche righe solo sui giornali locali, come al solito. Un centro abusivo per l'invio, la ricezione e il prestito di denaro con il sistema "hawala", nascosto dietro un internet point, è stato messo sotto sequestro in giugno nella stazione di Borgo a Udine dal comando provinciale della polizia finanziaria. Com'è noto, il sistema hawala è vietato dalle normative antiriciclaggio nazionali e internazionali perché consente transazioni in contanti senza lasciare traccia. Ed è spesso, troppo spesso, usato dalle organizzazioni mafiose e pro-jihadi per finanziare le loro attività. E, secondo i rapporti, questo era il caso di Udine. Alla fine di un'indagine condotta dai militari della Polizia economica e finanziaria, è stato scoperto che dietro un internet point inattivo, nel negozio era in corso un diverso tipo di attività: avrebbero ricevuto e inviato denaro. Denaro sospetto, inviato principalmente in Afghanistan e Pakistan da cittadini di quei paesi. Cittadini che, ufficialmente, non avevano alcuna fonte di reddito dichiarata. I proprietari dell'internet point "fantasma" erano entrambi pakistani. E non a caso. Non è la prima volta, infatti, che i cittadini pakistani vengono arrestati per questo tipo di attività. Le indagini di Udine sono state infatti avviate dopo che un tribunale di Brescia ha segnalato la questione alla polizia di Udine a seguito di un'indagine locale. Perché Brescia, una città nel nord Italia, e la sua provincia negli ultimi dieci anni sono diventati sempre più un epicentro per il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Le ultime indagini hanno rivelato una rete di riciclatori e trasferimenti di denaro, spesso situati anche in negozi che non avevano nulla a che fare con i trasferimenti finanziari: parrucchieri o negozi di alimentari. Secondo le indagini, grandi quantità di denaro passavano attraverso questi negozi, denaro proveniente da droga, prostituzione e "sospette adesioni con la sfera legata al terrorismo islamico". La polizia di Brescia ha trovato una ventina di attività sparse tra la capitale e la provincia dove i proprietari e i dipendenti hanno effettuato le operazioni di trasferimento senza indicare i dettagli di coloro che li hanno contattati (utilizzando identità fittizie e codici fiscali) e senza essere iscritti nel registro degli agenti nell'attività finanziaria. Esistono migliaia di transazioni irregolari per un valore superiore a 8 milioni di euro. Tra i sospetti c'è anche il capo dell'agenzia Madina Trading in Corso Garibaldi a Brescia, dove sono stati attivati ​​i telefoni cellulari utilizzati nel bombardamento di Mumbai del 2008 e il denaro ha iniziato a finanziare attacchi in India. Madina Trading, coinvolta anche nel finanziamento dell'attacco di Uri, non è mai stata chiusa. Nel frattempo, il numero di immigrati pakistani a Brescia è cresciuto da 135 persone nel 1991 ai 3738 registrati il ​​1 ° gennaio 2019: la più grande comunità di immigrati a Brescia, che vive principalmente in una zona chiamata Carmine. I fratelli Janjua, proprietari del Madina Center, hanno spostato la sede e cambiato il nome del loro negozio, ma sono ancora liberi e in attività, anche dopo che la polizia italiana ha scoperto che tra il 20 settembre e il 25 dicembre 2008 avevano inviato più di 400.000 euro al Pakistan e alle persone sotto inchiesta per terrorismo e dopo ulteriori indagini per i soldi inviati per l'attacco di Uri. Questa volta le indagini si sono concentrate anche su una serie di cosiddetti "Centri culturali islamici pakistani" attivi a Brescia e principalmente collegati ai Tablighi. L'ipotesi di un enorme flusso di denaro raccolto da queste associazioni e destinato ai jihadi, e il legame con il Pakistan, è emerso attraverso una più ampia indagine sui trasferimenti di denaro. Le associazioni coinvolte includono Al Ummah Italia, Al Noor, Masjid Ennour Onlus, Arahma Onlus e il Tabligh Islamic Center di Beidzzole. Secondo i rapporti ufficiali, queste associazioni sono collegate a qualcosa chiamato "Society of Propaganda", una rete mondiale di missionari itineranti impegnati nella propagazione porta a porta della fede islamica e volti a convertire i non credenti o convertire i "cattivi" "Musulmani. Una rete molto popolare apparentemente, specialmente tra gli immigrati. La rete, secondo le indagini, predica il "vero Islam radicale, i suoi membri vivono imitando lo stile di vita del Profeta e cercano di riportare ad Allah tutti i musulmani di fede indebolita". Tutte queste organizzazioni e molte altre sparse nella provincia, a partire da Al Ummah, avevano firmato a dicembre 2017 il 'patto di Brescia per un Islam italiano': un documento in cui si afferma il laicismo delle istituzioni italiane e in cui si sono impegnati a contrastare l'integralismo e il terrorismo collaborando con lo stato. Due anni dopo, accanto alla rete di finanziamento del terrore, sulle mura di Brescia sono comparsi appelli a sostegno delle leggi sulla blasfemia e all'arresto di persone che avrebbero presumibilmente scritto qualcosa contro la moglie di Maometto.
Francesca Marino
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