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L’ oro del “Tibet del sud” nelle mire di Pechino
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Migliaia di cittadini cinesi, sostenuti da massicci investimenti statali e protetti dall’ Esercito di Liberazione Popolare, sono impegnati nella colonizzazione della contea di Lunzhe, nel Tibet, a ridosso dei confini con l’ India. La notizia, diffusa dal South China Morning Post (SCMP) di Hong Kong, indica con chiarezza che lo stato indiano dell’ Arunachal Pradesh e’ uno dei prossimi obiettivi dell’ espansione territoriale della Cina e che una nuova guerra con l’ India, dopo quella del 1962, e’ una possibilita’ che diventa ogni giorno piu’ concreta.

Le altre direttrici dell’ espansione cinese - che la Cina del “superpresidente” Xi Jinping non nasconde essere tra i suoi obiettivi - sono quelle del Mar della Cina Merdionale e dell’ Asia Centrale. Le dispute sulle frontiere marittime con numerosi paesi del sudest asiatico (Vietnam, Filippine, Malaysia, Indonesia, Brunei) possono sfociare da un giorno all’ altra in scontri militari ma la presenza nel Pacifico della Settima flotta americana costituisce per gli strateghi di Pechino un formidabile deterrente. Lo stesso deterrente si applica a Taiwan, l’ isola di fatto indipendente che la Cina considera una provincia ribelle e la cui conqusita diventata nel corso degli anni una rivendicazione irrinunciabile per chiunque sia al governo a Pechino. Gli accordi tra gli USA e il governo di Taipei prevedono che i militari americani intervengano in difesa dell’ isola in caso di un attacco cinese.

L’ importanza dell’ Asia centrale e’ testimoniata non solo dal progetto chiamato Belt and Road Initiative (BRI) ma anche dalla spietata repressione che Pechino sta conducendo contro tutte le istanze autonomiste nella regione del Xinjiang, dove migliaia di cittadini di etnia uighura sono imprigionati, messi a morte o costretti alla “rieducazione” per reati palesemente assurdi, come “l’ aver viaggiato all’ estero”. In questo caso, pero’, l’ espansione cinese avviene piu’ con mezzi economici - i massicci investimenti in infrastrutture legati alla BRI, che in larga parte vanno ad arricchire i corrotti governanti delle repubbliche ex-sovietiche - che militari.

L’ Arunachal Pradesh appare dunque come il teatro piu’ probabile di una prossima prova di forza cinese. Veniamo alle “rivelazioni” del SCMP, premettendo che il proprietario del giornale e’ il capitalista cinese Jack Ma, “molto vicino”, per usare una frase fatta, al presidente Xi. Il giornale, in altre parole, non avrebbe mai pubblicato una notizia del genere senza il consenso di Pechino.

L’ articolo cita degli studiosi cinesi secondo i quali lil sottosuolo della contea di Lunzhe e’ ricco di risorse naturali come carbone, petrolio, gas naturale, dolomite, calcare, grafite, piombo e zinco,valutate in almeno 60 miliardi di dollari secondo quella che gli studiosi definiscono una “stima preliminare”. Per estrarre queste risorse sono state interprese gigantesche opere mineriarie che hanno trasformato il volto di questa remota regione abitata fino a pochi mesi fa da poche migliaia di pastori nomadi tibetani.

Secondo il SCMP, “fonti familiari col progetto” affermano che “l’ attivita’ mineraria e’ parte di un ambizioso piano di Pechino per rivendicare il South Tibet, una fetta di territorio conteso attualmente sotto il controllo dell’ India”. Piu’ chiaro di cosi’!

Non esistono cifre ufficiali ma il reporter del SCMP che ha visitato la zona descrive una vera e propria citta’ cinese con ristoranti, parrucchieri, lavanderie e tutto cio’ che necessita alla vita quotidiana di migliaia di famiglie cinesi che hanno invaso la regione. Come ha detto al giornalista uno dei coloni cinesi, nella regione una volta desertica si trova di tutto, “l’ unica cosa scarsa e’ l’ ossigeno”. I lavoratori impegnati in queste opere, prosegue il SCMP, guadagnano bene, in media 10.000 yuan (1300 euro) al mese.

Vale la pena di citare per intero le parole di Hao Xiaoguang, che il giornale presenta come “un ricercatore di Geodesia e Geofisica dell’ Accademia delle Scienze di Wuhan”, secondo il quale “e’ probabile che la Cina assuma verso l’ Himalaya lo stesso approccio che ha verso il Mar della Cina Meridionale”. Come se non fosse abbastanza chiaro, Hao aggiunge: “e’ solo una questione di tempo prima che il South Tibet torni sotto il controllo della Cina”. Il “torni”, applicato ad un territorio che non e’ mai stato controllato dalla Cina si spiega col ragionamento “con caratteristiche cinesi” in base al quale tutto il Tibet e’ “sempre” appartenuto alla Cina e questa e’ una delle questioni che con l’ attuale regime cinese non si possono neanche discutere. Di conseguenza, essendo l’ Arunachal Pradesh il “South Tibet” e’ evidente che deve “tornare” sotto il controllo di Pechino.

“Quello che la Cina ha ottenuto oggi nel Mar della Cina Meridionale era quasi impensabile dieci anni fa. Io sono ottimista per quanto riguarda l’ Himalaya perche’ il presidente Xi ha reso chiaro che non un millimetro della nostra terra verra’ ceduto”, aggiunge l’ esperto cinese.
Beniamino Natale
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